Il cerchio, simbolo di eternità e unità: tra mito, scienza e arte, dalla cupola del Pantheon a Pacioli, dal compasso al cosmo
Il cerchio è la forma che ci invita a rientrare: punto senza inizio né fine, allusione discreta a un centro che conta e che raccoglie, linea continua che abbraccia e ricuce. Ogni civiltà ha trovato nel cerchio una soglia da attraversare e un limite da rispettare, una trama di senso che unisce il gesto del compasso alla volta celeste. In questo itinerario, il cerchio: migliore simbolo di eternità e unità non è uno slogan, ma una constatazione: la circolarità è linguaggio universale, dove eternità e unità non sono astrazioni, ma esperienze inscritte nella materia e nella mente.
Origini simboliche: il cerchio come soglia, protezione e ritorno
La forza del cerchio affiora nella più antica immaginazione umana. Dall’ouroboros, il serpente che si morde la coda, alla corona solare, dalla pietra circolare dei luoghi di culto preistorici ai mandala indo-tibetani, esso segna uno spazio sacro, lo isola e lo intensifica. Il cerchio custodisce l’idea di continuità, di un ritorno che non è ripetizione sterile ma ri-generazione: si rientra nel cerchio per riscoprire un centro.
Nelle tradizioni cristiane, l’aureola circolare non è ornamento ma segno di emanazione: l’energia spirituale che si irradia in tutte le direzioni, equamente. Nell’Islam, le tassellature geometriche e le rosette lavorano la luce e il ritmo in pattern circolari, indicando lo slancio dell’Uno nel molteplice. In molti popoli si “sta in cerchio” per deliberare: la disposizione fisica diventa forma etica, riducendo gerarchie e favorendo la unità.
Il cerchio è un patto visivo: chi vi entra accetta una regola di misura, una convivenza ordinata che neutralizza gli spigoli e invita alla reciprocità.
Geometria e pensiero: Euclide, Archimede e il numero che non finisce
In geometria classica il cerchio è generato da un punto e una distanza: un centro e un raggio. Questa semplicità è ingannevole: la sua lunghezza (perimetro) e la sua area dipendono dal numero π, che sfugge alla rappresentazione finita. Archimede, con metodo e pazienza, lo circoscrisse tra poligoni iscritti e circoscritti, mostrando come la ricerca della precisione nasca dall’approssimazione disciplinata. Secoli dopo, la dimostrazione della trascendenza di π rese impossibile la “quadratura del cerchio” con soli riga e compasso: non un fallimento, ma la rivelazione che alcune perfezioni sono, per loro natura, incommensurabili.
Il cerchio è una promessa di esattezza dentro il regno dell’infinito. Il suo equilibrio di simmetria – ogni punto equidistante dal centro – ha sedotto scienziati e filosofi: forma ideale, misura delle orbite pure e modello di isotropia. Eppure l’universo, nella sua concretezza, preferisce ellissi e perturbazioni: la perfezione circolare resta norma, mentre la realtà vibra attorno alla norma. In questa dialettica tra ideale e reale, il cerchio è bussola intellettuale e disciplina dello sguardo.
Arte e architettura: cupole, rosoni, icone e proporzione
L’arte ha trovato nel cerchio la cornice della rivelazione. Pensiamo alle cupole: il Pantheon di Roma, con l’oculo circolare, trasforma la luce in teologia del tempo; la Sfera che sovrasta lo spazio terrestre apre un dialogo col cielo. I rosoni gotici orchestrano vetri e pietra in un coro radiale, dove il colore si dispone secondo punti cardinali interiori. Nel Rinascimento, il cerchio “ordina” la bellezza: cornici tonde, tondi pittorici, pavimenti e cappelle dal ritmo centrato.
La riflessione matematica e artistica si incontrano nel pensiero della Divina Proporzione, dove misura e grazia si riconoscono. L’uomo vitruviano iscritto nel cerchio e nel quadrato – gesto di Leonardo che riprende Vitruvio – non è mera illustrazione, ma invito: armonizzare i limiti del corpo con l’apertura del cosmo. Il cerchio, qui, è filigrana di armonia: l’unità del vivente, la reciprocità delle parti, la continuità del respiro e del ritmo.
Anche le arti decorative e le tecniche (dalla tornitura alla ceramica, dall’oreficeria alle ruote idrauliche) hanno compreso che il cerchio trasforma il movimento in forma, la forza in utilità, l’energia in bellezza.
Tempo, comunità e rito: cicli, calendari e l’etica del radiale
Il cerchio è il gesto con cui misuriamo il tempo: il quadrante dell’orologio traduce in direzione la durata, la ripetizione quotidiana che ci rimette in ordine. I calendari agricoli e liturgici – stagione dopo stagione, festa dopo festa – tessono una circolarità che non cancella la storia ma la scandisce. La danza in tondo, dall’Europa orientale alla tradizione mediterranea, rende visibile l’unità nella differenza: ogni passo è parte di una corrente più ampia.
Nella vita civile, il “cerchio” è metafora operativa: tavole rotonde, assemblee circolari, pedagogie partecipative. Disporre i corpi in cerchio significa distribuire il potere, limitando le zone d’ombra e favorendo l’ascolto. E nella cura dell’anima, i mandala e gli esercizi di contemplazione circolare sono strumenti di attenzione: lo sguardo che gira torna al centro con più coscienza.
Il cerchio, dunque, è almeno tre cose insieme: grammatica della misura, iconografia della presenza, etica dell’incontro. Per questo resta, pacatamente, il miglior simbolo di eternità e unità.
1509 — “De Divina Proportione” di Luca Pacioli
– Data e luogo: 1509, Venezia
– Idea chiave: intrecciare matematica, arte e teologia in un sistema di proporzioni dove il cerchio e il quadrato dialogano come figure cardinali.
– Rilevanza: il trattato consolida nel Rinascimento l’ideale di bellezza misurabile; il cerchio vi appare non come semplice contorno, ma come forma che organizza lo spazio e orienta la mente.
– Nota: Pacioli e Leonardo condividono l’aspirazione a una scienza della grazia, dove Divina Proporzione significa accordo tra ragione e splendore.
Il cerchio ci insegna che il centro non è un punto da possedere, ma una sorgente da servire: si torna al centro per distribuire meglio, come la luce nell’oculo di una cupola. Tra mito e calcolo, tra rito e architettura, la circolarità anima l’intelligenza delle forme e l’etica delle relazioni. È per questo che, nella visione di Divina Proporzione, il cerchio mostra come la bellezza sia intelligenza e l’armonia sia conoscenza: “beauty as intelligence and harmony as knowledge.”


